di Sebastiano Arcoraci –
E’ noto che finora le Forze Politiche non siano riuscite ad attuare una nuova Riforma del Welfare che separi nettamente tutto ciò che significa Assistenza da quella che è nettamente Previdenza.
E’ di semplice comprensione infatti che le pensioni sociali, borse di studio al sud, bonus vari, l’integrazione al minimo, Reddito di Cittadinanza, per fare degli esempi, significa adottare misure assistenziali per le persone e le famiglie bisognose, che non hanno maturato tali diritti per via contributiva ma in quanto destinatari di aiuto Statale in forma di solidarietà sociale che viene normato dall’Art. 2 della ns Costituzione Repubblicana.
Altrettanto facilmente comprensibile è che a chi abbia lavorato durante la propria vita e dunque contribuito sia alla fiscalità sociale che a quella propria, vada riconosciuto il diritto maturato con finalità di “ritorno” a quanto versato, (ormai realmente), per tutti gli anni di lavoro effettuati.
Una bella differenza dunque.
E tuttavia ancora oggi non si è dato attuazione alla Legge 88/1989 che appunto si prefiggeva di raggiungere tale risultato di equità.
Fermo restando dunque il dovere di solidarietà di tutti i cittadini verso le categorie più deboli, ed i soggetti più fragili, che altrimenti non avrebbero mezzi di sussistenza, come è naturale per ogni Paese che voglia definirsi “civile” va, anche per ragioni di trasparenza, attuata una Riforma che distingua chiaramente le due funzioni, una “Sociale”, l’altra Previdenziale.
Il fatto che la Politica non voglia attuare tale riforma è palesemente dimostrato dalla decisione recentissima della Commissione di esperti, nominata dal Ministero del Lavoro, che senza produrre alcun dato reale, né statistico, in modo poco trasparente, ha stabilito che tale divisione oltre che difficile è anche inutile.
La motivazione?
Si sostiene da parte di questi tecnici ed esperti, nominati dal Governo, dunque non Indipendente, che misure come il reddito di Cittadinanza, l’integrazione al minimo, persino il TFR sarebbero misure a natura mista, assistenziale/previdenziale, che impediscono dunque di procedere a tale Riforma.
Inoltre sarebbe inutile poiché in ogni caso il Bilancio per tale spesa è comunque a carico dello Stato, dunque dell’Erario.
Incredibile affermazione ipocrita, sostengo modestamente io.
Sì perchè è chiaro a tutti che misure di protezione sociale, integrazione al minimo, assegni di invalidità sociale, Reddito di Cittadinanza sono chiaramente di natura “assistenziale ”mentre i contributi da attività lavorativa sono nettamente “previdenziali”, rappresentando semplicemente la restituzione di quanto dovuto ai lavoratori.
E’ di tutta evidenza infatti, che fallito l’impianto originario di affidare al Reddito di Cittadinanza anche funzioni di Politiche Attive del Lavoro, per riuscire ad impiegare nuovi lavoratori, ne processo produttivo del Paese, è rimasta solo la funzione assistenziale che assegna a milioni di cittadini fondi statali per scopi solidaristici e di sostegno economico a fini di semplice sussistenza, persino con fenomeni di diseguaglianza , in cui una persona che ha lavorato 30 anni percepisca 900 euro di pensione così come un “redditato”.
Ed allora sostenere quanto afferma tale Commissione appare l’ultima beffa nei confronti dei Pensionati Italiani, che da anni si battono per migliorare le loro condizioni di vita attraverso l’adeguamento delle loro, a volte modeste, pensioni, come elemento di giustizia e non come semplice meccanismo di perequazione automatica , peraltro di proporzioni miserevoli.
Il fatto è che risulta facile aumentare la spesa pubblica attribuendone poi i compiti all’Inps, quale contenitore con funzioni solo di pagatore.
Altri tecnici, altrettanto autorevoli sostengono invece che tale Riforma non solo sarebbe improntata al principio di “equità” ma contrasterebbe queste innumerevoli promesse politiche demagogiche e diseducative che alcune Forze Politiche, in particolare di sinistra, da anni continuano a sostenere, a fini naturalmente solo elettorali.
Un Economista famoso, sostiene, a tal proposito che: La spesa pensionistica e quella assistenziale vanno distinte perchè derivano da una diversa Policy, per la prima vi è bisogno di certezza e di controllo delle prestazioni, per l’Assistenza c’è invece bisogno di “universalismo selettivo”.
Peraltro è bene ricordare che Lo Stato ha stipulato un contratto coi lavoratori, poi futuri pensionati, quello cioè di rispettare quanto versato con le prestazioni pensionistiche poi effettivamente percepite; è tempo che lo Stato rispetti il contratto.
Diversamente sarebbe da denunciare, alla stessa stregua di un privato, per inadempimento contrattuale, avendo stravolto quel sinallagma, tipico di un negozio giuridico, ove sia sorto sulla base di prestazioni corrispettive.
Si pensi inoltre che negli anni la spesa per l’assistenza è fortemente aumentata, (6,4%) superando di gran lunga persino i fondi che il nostro Paese destina per esempio alla Ricerca e l’Istruzione e ciò è unicamente dovuto a tali promesse demagogiche e populiste che stanno indebitando fortemente l’Inps, con il rischio probabile di un vero e proprio suo default.
Ecco perchè il nostro Sindacato, l’Ugl pensionati, non deve abbassare la guardia, ma anzi raddoppiare lo sforzo perchè la battaglia per i ns diritti non vada dismessa, nel contempo cercando nuove vie ed alleanze perchè nella agenda della Politica sia inserito un tema che è di giustizia sociale oltre che di premialità verso il lavoro ed i lavoratori tutti.